Il teatro romano di Benevento fu costruito nel II secolo sotto l'imperatore Adriano nelle vicinanze del cardo maximus; oggi è circondato dal medievale Rione Triggio.
La pianta del teatro è semicircolare e presenta dimensioni grandiose: ha un diametro di 90 m e originariamente aveva una capienza di 15mila persone.
L'esterno presentava 25 arcate articolate su tre ordini, delle quali rimangono oggi quelle del primo, inquadrate da colonne con capitelli tuscanici, che danno accesso all'interno alternativamente tramite corridoi e scale, e parte di quelle del secondo ordine.
La cavea si è conservata in buona parte. Sotto di essa i corridoi e le scale d'accesso sono collegati da due ambulacri paralleli che fanno da cassa armonica. La scena, molto ampia, presenta resti di tre porte monumentali, alle terminazioni della cavea, che davano accesso all'orchestra; ai suoi lati vi sono i resti dei periodi, in particolare la sala a destra conserva il pavimento in mosaico e le pareti marmoree policrome (come forse in origine doveva essere rivestita gran parte del teatro).
Alle spalle della scena tre scalinate portavano ad un livello inferiore, forse ad un ingresso monumentale per gli artisti. Il viale d'ingresso è decorato da mascheroni che richiamano quelli usati dagli attori; attorno al teatro sono ancora in corso indagini che hanno rilevato resti di costruzioni forse adibite a scuola di ballo e associazione di artisti. Il teatro presenta un'acustica eccellente ed, essendo totalmente agibile, è oggi utilizzato nella sua funzione originaria, per manifestazioni musicali e culturali, in particolare la "Città Spettacolo" e la stagione lirica.
Su quanto rimaneva del teatro, sopra la sala prima menzionata, fu costruita nel XVIII secolo la piccola chiesa di Santa Maria della Verità, ad una navata, ristrutturata dopo il terremoto del 1980. Anche se il teatro fu inaugurato nel 126 sotto Adriano, recentemente sono emerse sotto di esso strutture sepolte da un'alluvione avvenuta nel I secolo d.C.: si suppone quindi che sia stato costruito sui resti di un edificio anteriore. Un'iscrizione rinvenuta sul pulpitum ricorda l'istituzione da parte di Adriano della carica di curator per la costruzione dell'edificio.
Un'altra base onoraria, rinvenuta nel dicembre del 1938, dedicata dalla Colonia Beneventana a Caracalla, erede designato del padre Settimio Severo, con il titolo di Cesare, ha fatto supporre restauri o rifacimenti databili tra il 198 ed il 210. Abbandonato in epoca longobarda, il teatro fu parzialmente interrato e utilizzato come fondazione per abitazioni. Gli scavi del teatro e l'abbattimento delle case che vi erano state sopra costruite furono progettati a partire dal 1890, ma effettivamente realizzati solo a partire dal 1923, per opera di Almerico Meo Martini. Interrotti in seguito al terremoto del 1930, furono ripresi nel 1934 con l'esproprio dei fabbricati sovrastanti e il teatro riportato in luce venne consegnato nel 1938 alla Soprintendenza. I lavori continuarono dopo la seconda guerra mondiale; il monumento venne riaperto al pubblico nel 1957. Nell'anno 2001 venne utilizzato come luogo dove trasmettere il Festivalbar 2001.
La zucculara pare che si chiamasse cosi per i rumorosi zoccoli che indossava.La sua dimora è identificata con la zona del “Triggio”, quartiere medioevale posto alle antiche porte sannite della città (port’Arsa).Dove pare si aggirasse per i vicoli,e gli abitanti la temevano molto (con l'avvento del cattolicesimo,si è adeguatamente demonizzata...)Il Triggio prende il nome proprio dal latino Trivium pare per l’esistenza di un importante nodo viario ed è confermato dalle fonti bibliografiche ed archeologiche (e poco distante c’è lo scavo sannitico di contrada Cellarulo, con un anfiteatro portato parzialmente alla luce e poi abbandonato, e poco distante l'incrocio dei fiumi sabato e calore, che formano un altro trivio fluviale, ritagliando una lingue di terra ,dove pare ci fosse il noce famoso)).Per Benevento passavano la via Appia, la via Traiana, e la Egnazia . Per via che la zucculara indossasse zoccoli rumorosi e vagasse di notte in prossimità dell’antico trivio, si vuole abbinare questa figura al culto della dea Hecate, dea della notte e dei trivi (anche Hecate indossava zoccoli di bronzo se c’era la luna nera, erano d’oro in luna piena, nonchè essendo dea antica della tessaglia, si evince anche la correlazione al noce, albero sacro presso questa terra) Un culto, quella della divinità tessalica, Hecate appunto, radicato nel nostro territorio per un moltitudine di riferimenti letterari , mitologici e antropologici, ma che potrà essere accertabile solo con il prosieguo di ricerche archeologiche mirate ad un identificazione storica delle etnie sannite.
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